L’ANOMALIA ITALIA E LA NECESSITÀ DI UNA NUOVA NARRAZIONE

Nel 2020 l’Edelman Trust Barometer ha coinvolto oltre 33.000 partecipanti in 28 Paesi, circa 1100 partecipanti per Paese.

Prima di cominciare a scavare tra i risultati di questa 21a edizione del nostro Trust Barometer, lasciate che evochi qualche elemento del passato. È vero, infatti, che la pandemia ha cambiato molte cose ma è altrettanto vero che alcuni trend rilevati oggi avevano radici nel recente passato.

L’analisi del tema “Trust” in Italia può ormai far affidamento su 16 anni di storia, durante i quali sono emerse diverse tendenze, alcune della quali sono andate consolidandosi nel tempo; l’edizione di quest’anno non fa eccezione a questa regola.

Tra i 28 Paesi coinvolti nella ricerca alcuni trend subiscono un’accelerazione mentre altri registrano una amplificazione dovuta alla pandemia. Lo scenario complessivo è disseminato di ansie e preoccupazioni e pervaso da una sensazione generalizzata di inquietudine in relazione al futuro.

Dal punto di vista dell’economia, la maggioranza della popolazione in oltre la metà dei mercati non crede che nell’arco di cinque anni avrà un futuro migliore per sé stessa e per la propria famiglia.

Una anticipazione: l’Italia la pensa diversamente e, nonostante la pandemia, guarda al futuro: nel nostro Paese complessivamente la fiducia guadagna 3 punti rispetto allo scorso anno e tre delle quattro istituzioni (eccezion fatta per le ONG) guadagnano terreno in termini di fiducia: il Governo sale di ben 10 punti, il Business di 2, i Media di 1.



Forse è tempo di ripensare il modo in cui raccontiamo il nostro Paese.


METTIAMO LE COSE IN PROSPETTIVA

I risultati dello scorso anno non promettevano bene, le prospettive per il futuro erano di incertezza, le persone mettevano in dubbio il funzionamento del sistema nel suo complesso. Emergevano quattro trend principali che andavano a comporre uno scenario poco promettente. Eccoli:

1) Fallimento del capitalismo

Quasi la metà degli intervistati affermava che il sistema li stava tradendo e avvertiva un senso di ingiustizia generalizzato. Il 61% degli italiani concordava sul fatto che il capitalismo così com’era in quel momento aveva fatto più male che bene. Il sistema non veniva rifiutato nel suo complesso ma si avvertiva un senso globale di mancanza di fiducia.

2) Timore di perdere il lavoro

A livello personale gli italiani erano profondamente preoccupati per il proprio futuro economico. L’87% degli italiani temeva di perdere il proprio lavoro principalmente per cause legate alla globalizzazione e al trasferimento all’estero di posti di lavoro.

3) Tecnologia fuori controllo

Oltre alle paure per il futuro dell’economia e per la perdita del posto di lavoro sussisteva la sensazione che i cambiamenti dovuti agli sviluppi tecnologici stessero accadendo troppo in fretta. Era molto sentita la mancanza di un organo di vigilanza, il 67% degli italiani segnalava un senso generale di inquietudine e l’80% non credeva che il governo sarebbe stato in grado di comprendere le tecnologie emergenti in maniera sufficientemente chiara per poter legiferare in merito.

4) Qualità dell’informazione e media inaffidabili

Strettamente collegate alle preoccupazioni relative alla tecnologia e al ritmo troppo sostenuto del cambiamento, vi erano i timori relativi alla capacità di essere in grado di comprendere la realtà dei fatti e all’affidabilità delle informazioni disponibili. Gli italiani erano convinti che anche i media utilizzati per informarsi fossero contaminati da informazioni inaffidabili.

Nel corso del 2020, il Trust Barometer ha visto cinque edizioni straordinarie dovute allo scoppio della pandemia; i risultati di quelle cinque edizioni indicavano chiaramente una forte esigenza da parte degli intervistati perché il Business diventasse sempre più una fonte affidabile di informazione sollecitando una call to action di tipo educativo, si impegnasse a proteggere la forza lavoro, e agisse in maniera saggia durante la pandemia pena il boicottaggio dei prodotti. Il 66% degli italiani affermava infatti che non avrebbe comprato prodotti di aziende che non agivano in maniera responsabile, il 90% diceva che i brand devono fare tutto quanto in loro potere per proteggere il benessere e la sicurezza economica dei loro dipendenti e fornitori, anche a rischio di dover subire importanti perdite finanziarie sino al termine della pandemia.

Al Business veniva quindi chiesto di agire con saggezza, di non rimanere in silenzio, di non agire da soli ma di lavorare di concerto con i governi, di risolvere non di vendere, di agire in maniera responsabile e di contribuire ad alleviare la tensione sociale.

Nel maggio 2020 i livelli di Trust per tutte e quattro le istituzioni erano i più alti mai registrati, eccezion fatta per i media che rimanevano parcheggiati in una sorta di zona grigia.



Tutte e quattro le istituzioni registravano livelli altissimi di fiducia e tre su quattro uno status di elevata affidabilità tra la popolazione in generale. Sottolineo un fatto importante: a maggio il Governo era l’istituzione con il più alto indice di fiducia, non era mai successo prima che ottenesse il primo posto come istituzione più affidabile. A tutte e quattro le istituzioni – e al governo in particolare - veniva chiesto di dare prova, con azioni concrete, del fatto di meritarsi livelli così elevati di fiducia.


E ARRIVIAMO ALL’EDIZIONE 2021 DEL TRUST BAROMETER

Nel 2021 assistiamo alle conseguenze dirette dei trend registrati nelle precedenti edizioni. A livello globale la pandemia ha portato cambiamenti radicali e un nuovo ordine relativo alla fiducia nei confronti delle diverse istituzioni.

Dopo una crescita della fiducia nei confronti di tutte le istituzioni – e soprattutto dei governi – nel periodo maggio 2020/gennaio 2021 la fiducia crolla in maniera importante perdendo quasi del tutto (se non del tutto) i livelli di fiducia che le istituzioni si erano guadagnate durante la primavera in tutti i Paesi con pochissime eccezioni, l’Italia è una di queste eccezioni.

Per la precisione, mentre in gran parte dei Paesi i Governi registrano le percentuali più elevate di perdita di fiducia, la Germania, la Francia e l’Italia appunto raccontano una storia diversa. In Italia la fiducia nei confronti del Governo sale di 10 punti; il Business guadagna 2 punti e i Media 1 punto. Solamente le ONG registrano i livelli di fiducia più bassi nella storia del Trust Barometer e perdono un ulteriore punto rispetto all’edizione 2020.

Andando indietro di 15 anni vediamo che nel 2006 il Trust Index complessivo si attestava sul 47%, andiamo avanti sino al 2021 ed ecco che lo stesso dato si attesta oggi sul 66%.

Evidentemente l’Italia non è troppo giusta nel giudicare sé stessa. Abbiamo bisogno di dare inizio a una nuova narrazione che, visti i risultati del Trust, dovrebbe essere più vicina all’area dell’ottimismo (come accade per l’Asia) che a quella del pragmatismo (Stati Uniti) o dello scetticismo (Europa nel suo complesso).

Il Trust Barometer di quest’anno registra anche una ulteriore crescita del differenziale della trust inequality (il gap tra il pubblico affluente e più informato e il pubblico di massa); per l’Italia il gap è di 15 punti, anche se né l’informed public né la mass population sembrano perdere fiducia in nessuna delle istituzioni prese in considerazione dell’indagine.

Inoltre, a livello globale il Business è oggi la sola istituzione a essere giudicata sia competente sia etica, guadagnando in considerazione rispetto allo scorso anno, quando veniva ancora giudicata una istituzione né etica né competente. Anzi, in Italia il Business è la sola istituzione a essere giudicata competente, con una differenza di ben 40 punti rispetto al Governo.

Per quanto alta, la percentuale relativa alla preoccupazione di contrarre il COVID non sembra essere la principale (71%); una percentuale ben maggiore di persone sono preoccupate dalla possibilità di perdere il lavoro (87%, lo scorso anno, 89% quest’anno), dal cambiamento climatico (tornato prepotentemente alla ribalta) e dalla cybersecurity.

Quasi due persone su tre adesso si preoccupano di contrarre il Covid 19 mentre sei su dieci sono preoccupate di perdere la propria libertà in un anno di lockdown e di obblighi di restare chiusi in casa.


PROSSIMITÀ È FIDUCIA

Tra problemi urgenti e in un anno di crisi, la leadership crolla. Nessuno fra leader d’azienda, rappresentanti del governo, CEO, giornalisti, persino leader religiosi, ottiene la fiducia e viene ritenuto capace di fare la cosa giusta. Le persone di cui ci si fida sono quelle più vicine a noi dal punto di vista fisico e familiare, come ad esempio persone che appartengono alle comunità locali (nonostante un calo di sette punti rispetto allo scorso anno) e, soprattutto il mio CEO (76%). Gli scienziati sono ancora ritenuti degni di fiducia nonostante perdano anche loro 7 punti rispetto allo scorso anno.


MEDIA: QUALCOSA NON STA ANDANDO PER IL VERSO GIUSTO

Le persone sembrano aver perso fiducia nei tradizionali referenti della credibilità dell’informazione; di conseguenza, in un mondo spaventato e in profonda crisi, ci si ritrova a fronteggiare non solo la pandemia ma una “infodemia” di proporzioni epiche.

La fiducia nei confronti di tutte le fonti di informazione tocca livelli minimi. Non una singola fonte di notizie – media tradizionali, motori di ricerca, social e owned media – viene ritenuta degna di fiducia; tutti i media perdono fiducia in maniera significativa rispetto allo scorso anno.

Le testate giornalistiche sono considerate di parte. Le persone sono convinte che giornalisti e cronisti cercano scientemente di fuorviarli. Quasi sette persone su dieci affermano che le testate giornalistiche sono più preoccupate di supportare un’ideologia o una posizione politica di quanto non lo siano di informare le persone su quanto sta effettivamente accadendo nel mondo. Il 75% degli italiani crede che i media non stiano facendo granché bene in termini di oggettività e apartiticità.


PIÙ IGIENE PER TUTTI

Il problema è che la maggior parte delle persone semplicemente non sanno come gestire al meglio il consumo di informazione. Quest’anno il Trust Barometer ha misurato in che modo i partecipanti alla ricerca praticano una buona igiene dell’informazione. Verificano più fonti? Evitano di amplificare le informazioni? Si preoccupano di verificare che l’informazione di cui fruiscono sia accurata? Convalidano le informazioni prima di condividerle?



Nonostante a livello globale il dato sia preoccupante, l’Italia non si comporta affatto male: il 35% della popolazione pratica una buona igiene dell’informazione (lo stesso dato a livello globale è pari al 26%) definita da un buon punteggio su tre delle quattro dimensioni che il Trust Barometer è andato a misurare.


SFIDE COMPLESSE E NUOVA NORMALITÀ

La mancanza di fiducia nei confronti dei media, la mancanza di credibilità dei portavoce, la mancanza di una buona igiene dell’informazione, sono tutti elementi che pongono una minaccia diretta sia alla salute pubblica che all’economia globale.

A novembre 2020, periodo di raccolta dei dati della 21a edizione del Trust Barometer, il 64% degli intervistati affermava di essere disponibile a farsi vaccinare, il 33% prima possibile e il rimanente 31% in un periodo compreso fra sei mesi e un anno.

Gli italiani sembrano inoltre già pronti a tornare in ufficio, per lo meno il 53% di noi; il restante 47% sceglie invece di restare ancora a casa. Quando viene chiesto loro il perché di questa scelta, la maggior parte delle motivazioni dipende dai maggiori rischi di poter contrarre il Covid durante le trasferte casa/ufficio o durante la permanenza in ufficio.

Per il 37% del 53% di quanti sceglierebbero di tornare in ufficio, la ragione principale è da ricercare nel fatto che in ufficio riescono ad essere più produttivi.

La paura del Covid impedisce non solo il ritorno sul luogo di lavoro ma anche un ritorno a una maggiore produttività.

Tuttavia, la ritrosia nei confronti della vaccinazione deve essere superata proprio per consentire il ritorno ai luoghi di lavoro mentre la ripresa dell’economia non potrà avvenire se non affrontiamo l’infodemia e la mancanza di igiene dell’informazione. Dai dati del Trust Barometer emerge chiaramente un legame preciso tra volontà di vaccinarsi e informazione equilibrata.

Le persone che praticano una buona igiene dell’informazione registrano una propensione a farsi vaccinare entro l’anno di 11 punti più alta rispetto alle persone con una scarsa igiene dell’informazione, tra i quali solo il 59% dice di volersi far vaccinare. L’Italia registra un gap di 15 punti tra le persone che hanno una buona igiene dell’informazione e quelli che non ce l’hanno, rispetto alla volontà di farsi vaccinare.


IL BUSINESS OLTRE IL BUSINESS

Tra tutte queste sfide, una cosa non è mai stata più chiara di così: il mandato per cui l’istituzione Business debba agire al di là del business stesso.

Quando il governo è assente o poco efficace, le persone si aspettano che il Business si attivi per riempire il vuoto.



Il 65% degli italiani concorda nell’affermare che i CEO dovrebbero farsi avanti quando il governo non è in grado di risolvere i problemi sociali.

Il 57% concorda nel dire che i CEO dovrebbero guidare il cambiamento invece di aspettare che il governo lo imponga.

E il 55% crede che i CEO dovrebbero essere responsabili non solo nei confronti di consigli di amministrazione e degli stakeholder, ma anche nei confronti dell’opinione pubblica.

In quanto unica istituzione ritenuta competente, il Business deve giocare un ruolo di primo piano nell’affrontare sfide che vanno oltre il lavoro in sé.

I leader d’azienda devono dare il tono, ben il 74% degli intervistati afferma che i CEO debbano esprimersi pubblicamente su temi quali le conseguenze della pandemia, l’automazione del lavoro, i temi sociali e quelli che riguardano la comunità di appartenenza.

Ma il solo esprimersi non è giudicato sufficiente; oggi il Business deve agire prima di parlare se vuole restare credibile. Ed è qui che emerge un dato sorprendente: la più grande opportunità perché il Business guadagni fiducia consiste nell’assumere anche il ruolo di guardiani della qualità dell’informazione assicurando che solamente informazioni affidabili e attendibili vengano diffuse e condivise.

I CEO si trovano in una posizione che non ha precedenti e a loro viene chiesto in misura maggiore che in passato di esercitare il proprio potere per influenzare una società sempre più complessa. Come recitava un vecchio adagio: assieme ad un grande potere vengono grandissime responsabilità.

Altre azioni chiave per crescere in fiducia stanno nell’area delle attività a lungo termine che il Business deve intraprendere: abbracciare la sostenibilità e focalizzarsi su una visione a lungo termine piuttosto che sui profitti nel breve termine, oltre a reagire in maniera decisa alla pandemia e a guidare la crescita economica.

Così come ci si aspetta che il business riempia il vuoto lasciato da governi incompetenti, le aziende devono anche assumersi la responsabilità di riempire il vuoto informativo ogni qual volta i media falliscono nel fornire informazioni accurate.

Ma, come abbiamo in parte anticipato, il Business non può far tutto da solo. Deve collaborare con le altre istituzioni per affrontare le sfide sociali e, soprattutto, deve anche far sì che sia il consumatore sia i dipendenti abbiano un posto ai tavoli di discussione.

Sette italiani su dieci concordano nel dire che i consumatori hanno il potere di costringere le aziende a cambiare e più di cinque su dieci sono convinti che la stessa cosa valga per i dipendenti delle aziende. Le persone sanno che non solo dovrebbero essere ascoltate ma che le loro voci possono e debbono contribuire alle decisioni da prendere.

L’attivismo in azienda è in continua crescita. I dipendenti dicono di voler esprimere la propria opinione; uno su due delle persone impiegate in azienda concordano di essere molto più propense oggi rispetto a un anno fa a dar voce alle proprie obiezioni e di voler protestare nel caso si trovino in disaccordo con il modo di agire o le politiche dell’impresa di cui fanno parte.


QUALI SONO, DUNQUE, I PUNTI PRINCIPALI CHE EMERGONO DALLA 21ESIMA EDIZIONE DEL TRUST BAROMETER?

In primo luogo, tutti hanno a che fare con l’istituzione Business.

Il Business deve abbracciare l’ampio mandato da cui è stato investito e guidare la lotta ai problemi sociali.

I leader (e soprattutto i CEO) devono guidare con i fatti e agire in modo empatico. Devono avere il coraggio di comunicare in maniera trasparente ma anche essere capaci di empatia e saper debellare le paure delle persone.

Dobbiamo lavorare assieme - in particolare a livello locale, dal momento che la prossimità sembra essere la chiave per la fiducia – per dare informazioni vere, obiettive, affidabili.

Infine, è fondamentale che le quattro istituzioni non cerchino di far tutto da soli ma trovino invece uno scopo comune e agiscano all’unisono per risolvere i problemi sociali.

Come scrisse Bob Dylan più o meno una cinquantina di anni fa, oggi come non mai “The Times they are a-changing”, e – aggiungeva – faremmo bene a cominciare a nuotare se non vogliamo affondare "like a stone".


Fiorella Passoni, CEO Edelman Italia