Fiducia nel mio datore di lavoro, voglia di cambiamento, calo dei social media sono solo alcuni dei temi d’interesse emersi dal Trust Barometer 2019, presentati qui in Italia a Milano e Roma alla presenza di un numeroso pubblico. Diverse delle più importanti testate nazionali, quali Il Corriere della Sera, La Stampa e Il Sole 24 Ore, hanno menzionato l’annuale ricerca Edelman in articoli dedicati.

Dai dati risulta che, nella maggioranza dei 27 Paesi analizzati, l’istituzione che raccoglie il più alto grado di fiducia è il “My Employer” che in Italia ottiene il 72% posizionandosi ben al di sopra di ONG, Media e Governo. Tuttavia il “Governo del cambiamento” sembra piacere agli italiani, che infatti fa un netto balzo in avanti rispetto all’anno scorso raggiungendo il 43%. Le Istituzioni più “sfiduciate” rimangono i Media, in particolare le piattaforme social anche a causa della sempre più facile proliferazione di notizie false, e le ONG che comunque rispetto all’anno precedente guadagnano 2 punti percentuali (media globale).

Nonostante si faccia sentire un comune sentimento di pessimismo nei riguardi del futuro, è forte il desiderio di cambiamento: in questo scenario e in virtù della loro posizione sono i CEO ad essere chiamati in causa per fare strada in questa direzione.

Qui di seguito i documenti di approfondimento e l’articolo per esteso pubblicato sul numero di Marzo 2019 di Harvard Business Review con overview dei dati Italiani.

2019 Edelman Trust Barometer_Executive Summary

2019 Edelman Trust Barometer_Top 10 Findings

2019 Edelman Trust Barometer_Italy Deck

2019 Edelman Trust Barometer_EdelmaNews Edizione Speciale Trust Barometer 2019

Anche quest’anno resta alto il gap di fiducia fra la popolazione in generale e le élite dei rispettivi Paesi: 24 punti in GB, 18 in Francia, 13 negli USA, 7 in Italia. Le donne si rivelano più “sfiduciate” degli uomini e il gap è a due cifre in molti Paesi: in Germania è di 12 punti, negli USA di 11, mentre in Italia non c’è alcuna differenza di genere in termini di fiducia complessiva.

È invece in netto aumento nel mondo la fiducia nel “proprio datore di lavoro”, categoria che supera, con il suo 75% (media globale), sia le organizzazioni non governative (57%) sia le imprese in generale (56%) sia i Governi (48%) sia i media (47%).

Lo rileva l’edizione 2019 del Trust Barometer – la ricerca annuale che misura la fiducia realizzata da Edelman fra il 19 ottobre e il 16 novembre 2018 in 27 Paesi con interviste a 33.000 persone.

Il governo del “cambiamento” sembra aver convinto gli italiani, almeno in questo primo periodo di amministrazione: la fiducia che riscuote ottiene un aumento di 16 punti rispetto al precedente. L’Italia è infatti, fra i 27 Paesi considerati nell’indagine, quello che mette a segno l’incremento maggiore, passando dal bassissimo 27% al livello del 43%. Da notare che in Francia la fiducia nel Governo cala dell’1%, scendendo al 32%, in Germania perde il 3% portandosi al 40% e in GB sale di 6raggiungendo il 42%. In linea con GB si collocano gli USA, dove la fiducia recupera 7 punti e si porta al 40%.

La contraddizione fra populismo emergente e fiducia nel proprio datore di lavoro è solo apparente: la gente, più ancora dell’élite socio economica e culturale, si fida sempre più di chi o cosa gli è vicino, che sia “la persona come me”, il “mio collega” o il proprio datore di lavoro, a patto che questi si impegni in prima persona, comunichi i propri valori etici, sia trasparente e si comporti in modo coerente.

Così va anche interpretata la “sfiducia” nei social media: il dilagare in rete di notizie false (fake news) senza alcun serio controllo spinge la gente a rivalutare i siti ufficiali delle aziende, dei media tradizionali e dei motori di ricerca: tutto ciò che ha un brand riconoscibile e con il quale si può instaurare una relazione stabile di fiducia. Il 76% degli intervistati (un aumento di 11 punti percentuali rispetto all’anno scorso) pensa infatti che tocchi proprio ai datori di lavoro prendere l’iniziativa per risolvere alcune questioni di interesse generale, come le sfide dell’automazione nel campo del lavoro oppure la perequazione dei livelli retributivi fra uomini e donne, anziché aspettare che l’iniziativa sia presa dai governi nazionali.

La maggioranza pensa che i CEO possano creare un cambiamento positivo /strong>anche in campi come la lotta ai pregiudizi e alle discriminazioni (di qualunque tipo), nella preparazione per i lavori del futuro e nella salvaguardia dell’ambiente. È evidente che la comunicazione interna, se sviluppata in modo continuativo e trasparente, spesso con l’aiuto di esperti del settore, paga e porta risultati duraturi nel tempo.

Questa voglia di contatto diretto non mediato trasforma le persone comuni in comunicatori. Infatti, aumenta nel mondo di 14 punti percentuali, e di ben 18 punti in Italia (passando da 27 a 45% in un anno), il numero di persone che si impegna personalmente nella funzione di amplificazione delle notizie: non “consumano” più la notizia passivamente ma la condividono, la ripubblicano, la modificano, la interpretano.

Sul tutto domina però un crescente sentore di pessimismo nei riguardi del futuro. Nel mondo, solo una persona su tre (il 34% in Italia) pensa che nei prossimi 5 anni starà meglio (lui o la sua famiglia) e solo una su 5 crede che il “sistema” stia funzionando correttamente. Lo prova il fatto che il 70% del pubblico intervistato dichiara di desiderare un profondo cambiamento. E deludono pure le aspettative nei confronti dell’Unione Europea tant’è vero che mentre un anno fa riscuoteva molta più fiducia del governo italiano, adesso, con un livello del 45%, in discesa di 4 punti, si attesta grosso modo allo stesso livello.