"Credo che la cosa più difficile sarà rimodulare il linguaggio - ma anche il tono e i contenuti - in base alle fasi di ripartenza che attraverseremo. Ci sarà voglia di piccole storie positive e buone notizie, di apertura al mondo e agli altri, ma in alcuni momenti dovremo saper trasmettere allegria, in altri dovremo avere un effetto calmante."
(Roberto Gagnor - Sceneggiatore Disney, Autore Televisivo e Radiofonico)

Dal 21 febbraio - con l’esplodere del primo caso di Codogno - si assiste a un’impennata delle ricerche Google e delle conversazioni social con il termine “positivo”, ma anche con “epidemia” , “contagio”, “quarantena(ad esempio, su Facebook si registra un + 917% per “positivo”, con un picco nella settimana dell’8 marzo).1

È innegabile come il Covid-19 ci abbia fatto scoprire il “paziente zero” e il “picco epidemiologico”, abbia fatto perdere fascino alla parola “positivo” e recuperare la concretezza del contatto fisico al termine “contagio” (dal latino “con” e “tangere”). Abbia inoltre messo in cantina alcune espressioni e modi di dire, come ad esempio “Al massimo ci stringiamo un po’…”.

In questi mesi si sta sviluppando e componendo un nuovo dizionario da coronavirus. Un cambiamento di linguaggio che si porta dietro, per chi fa comunicazione aziendale, due semplici accorgimenti.

1) Controlliamo e adattiamo linguaggio e messaggi chiave nelle relazioni con i media, sui social e negli annunci pubblicitari. Ci possono infatti essere parole e concetti che fanno parte del dna aziendale, ma che potrebbero essere percepiti come poco sensibili o indicati in una specifica fase di ripartenza.

2) Prestiamo attenzione alle immagini (e ai video): usiamo con estrema cautela, ad esempio, abbracci, folle di persone a distanza ravvicinata, colpi di tosse e starnuti.

Ciò non deve assolutamente significare “omologare” o “snaturare” la propria comunicazione, rinunciare alla coerenza con il proprio archetipo di brand. La strada non è dare vita, come hanno recentemente denunciato alcuni osservatori, tra cui Tom Fishburne2, a pubblicità copia-carbone in cui tutti i marchi - indipendentemente dal settore merceologico - ci dicono che viviamo in “tempi incerti”, che “siamo qui per te”, per dare la massima priorità alle “persone” e alle “famiglie”, per portare i nostri servizi “nel comfort e nella sicurezza della tua casa”.

Tutt’altro. La sfida per chi fa comunicazione è - come sintetizza efficacemente Roberto Gagnor, sceneggiatore Disney, autore televisivo e radiofonico - di “rimodulare il linguaggio in base alle fasi di ripartenza che attraverseremo. Ci sarà voglia di piccole storie positive e buone notizie, di apertura al mondo e agli altri, ma in alcuni momenti dovremo saper trasmettere allegria, in altri dovremo avere un effetto calmante”.

"Nell’epoca del coronavirus nessuno vuole più essere positivo, virale o in grado di contagiare gli altri con il suo pensiero. Tuttavia, è proprio in situazioni in cui ci facciamo un sacco di domande e non abbiamo risposte, che possiamo scoprire di essere forti come il deposito dello Zio Paperone, capace di sopportare fulmini e trivelle, e di capire ciò che conta veramente."
(Roberto Gagnor - Sceneggiatore Disney, Autore Televisivo e Radiofonico)


Antonello Chieca, Strategic Planner Edelman Italia

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1 Elaborazione Edelman Italia su CrowdTangle e su Google Trends, 3 aprile 2020

2Tom Fishburne, Marketoonist; 3 maggio 2020